L’anima e il cervello Parte II

A sostegno di Salimbene
Una volta scesa nel dominio della materia, alle leggi di questa la stessa anima sembra, dunque, che sia sottoposta. Non viene, infatti, condotta a “peccare”? Non viene, essa, portata a fare ciò che non dovrebbe? Essa è un frammento di quel divino che è solo amore, ma il corpo nel quale alberga può macchiarsi dei più efferati delitti contro l’uomo, le cose e la natura. Quindi essa “assiste” all’esecuzione di nefandezze che sono la negazione stessa dell’amore, quindi di se stessa. Nocchiero sì, dunque, ma con dei limiti imposti dalla materia in cui si è (o è stata) calata. Ma, se è soggetta alle deviazioni etiche dalla materia imposte, figuriamoci se non può esserlo a quelle di natura puramente fisica: un posseduto può fisicamente essere tenuto a bada da quindici persone; lo spirito che lo possiede, libero da quel corpo no, nemmeno da mille (…eccezion fatta per lo scomparso padre Amorth e altri come lui, sebbene l’azione, in questo caso, non sarebbe più di tipo fisico). Logicamente, quindi, il discorso dei danni e delle conseguenti modifiche della personalità da cui discenderebbe la non esistenza dell’anima immateriale, non tiene. La volontà del pilota di un jet, si esprime attraverso il jet stesso e, pur essendo la sua volontà ben superiore ai limiti del mezzo fisico che governa (in accordo con le leggi della meccanica e dell’aerodinamica), egli non può fare tutto ciò che vorrebbe: non può entrare in orbita, non può ridurre troppo la velocità pena lo stallo, non può fare la virata stretta che vorrebbe (specialmente se in coda ha un velivolo nemico che gli dà la caccia). E se il mezzo fisico cedesse, a poco varrebbe la sua volontà di riportarlo a terra integro… In questo caso il pilota, il “nocchiero”, c’è ed ha ben altra volontà che quella di far schiantare il suo velivolo, ma i limiti della “materia aereo” possono fargli perdere l’aereo stesso…La mia auto fa ciò che io decido che faccia: curva a destra e a sinistra; prosegue dritta a velocità costante o accelerando se davanti a me si para un lungo rettilineo.

Certo: io voglio il bene dell’auto e dei suoi occupanti, ma nel dominio della materia, sono sottoposto a forze che possono andare oltre il mio volere. La forza centrifuga è una di queste: ad essa io sono soggetto con la mia auto quando percorro una curva. La fisica mi dice che essa aumenta all’aumentare della velocità ed è tanto più intensa quanto più “pesa” l’auto e quanto più “stretta” è la curva che imposto. Quindi se affronto una curva troppo velocemente, la forza che mi spinge verso l’esterno, verso la cunetta o il guard-rail, può essere tale da superare la forza con cui l’attrito fra gomme e asfalto mi tiene, tiene la mia auto nella traiettoria da me, nocchiero, impostata… e quindi vado a sbattere. Io non avevo quella volontà: volevo tornare integro con la mia auto a casa… eppure, le leggi, le forze che regolano il mondo materiale (nel quale io, nocchiero, opero), nelle condizioni venutesi a creare, a causa della mia fretta, della mia distrazione o del mio errore di valutazione, mi hanno portato “a sbattere” contrariamente al mio volere. Un anziano potrebbe avere il desiderio di fare ciò che anni prima faceva: ne ha la volontà (si può dire, allora, che questa è l’anima!?) ma non ci riesce perché – quante volte lo abbiamo sentito dire! – “il fisico non mi accompagna”. Questa è l’amara conclusione del vegliardo che vorrebbe tornare nei campi, in fabbrica, in ufficio, in somma in mezzo agli altri a fare quello che faceva prima ma la sua volontà è frustrata dai limiti imposti del soma, dal corpo che ora si ritrova. Se la volontà è espressione dell’anima oppure è, in qualche modo, l’anima stessa, essa è soggetta ai limiti fisici del corpo; e se lo è in questo caso, ben può esserlo nel caso dei danni al cervello… pur non identificandosi con esso.
Di seguito un video a tema:
Articolo di Fiorentino Bevilacqua

