
I GIGANTI DELLA SARDEGNA, GLI DEI ASSIRO – BABILONESI, E GLI “ANTICHI ASTRONAUTI”. VIDEO.
Articolo di Iandoli Raffaele e Iandoli Paolo. Nel marzo del 1974 in un campo della necropoli nuragica di Mont’e Prama, nel Sinis di Cabras della Sardegna centro-occidentale, sono state trovate, spezzate in numerosi frammenti, delle sculture attribuite all’età nuragica, oggi note come i “Giganti di Mont’e Prama” (fig.1).

Dopo il restauro sono state esposte per la prima volta, nel 2014, nel Centro di restauro di Li Punti a Sassari, e oggi è possibile vederli sia presso il Museo civico Giovanni Marongiu di Cabras, dove sono ne sono esposte 11, sia presso il Museo archeologico nazionale di Cagliari, dove si trovano le altre 33 sculture.
Dopo il restauro è iniziata una lunga discussione sulla loro datazione, in quanto i reperti archeologici possono esser classificati in un determinato spazio-temporale con metodi scientifici o con metodo comparativo.
Si può datare con precisione un sito archeologico solo in presenza di documentazione scritta e datata su lapidi o scritti contemporanei al reperto. Negli altri casi possiamo solo tentare una collocazione in una era temporale, un periodo storico, dai limiti più o meno ampi.

La metodologia scientifica si avvale della datazione al carbonio 14 (C-14), per i reperti con resti organici. L’archeo-astronomia consente una datazione basata sugli allineamenti astronomici con strutture edificate al fine di osservare il moto degli astri sia per la navigazione, che per la misura del tempo. Allo scopo si avvale di software dedicati all’archeoastronomia quali Stellarium (versione gratuita disponibile online).

La datazione per comparazione si effettua valutando lo stile architettonico (classico, gotico, barocco, ecc.), pittorico (figurativo, impressionista, futurista, ecc.), analisi di manufatti (torma, metodi di cottura, modellazione e decorazione) dei vasi e suppellettili rinvenuti nel sito di scavo, ed altri simili elementi di comparazione. Nel caso della “necropoli” di Mont’e Prama i resti dei corpi nelle tombe sono databili al C-14. Si può, in oltre, datare il tipo di tomba e, per comparazione, datare il vasellame rinvenuto nel sito. Per le statue dei “giganti”, i cui frammenti sono stati rinvenuti in varie parti dell’area archeologica, non è, però, possibile applicare con sicurezza nessun metodo scientifico. Neanche i metodi comparativi possono essere completamente d’aiuto perché i frammenti delle statue erano disperse in vari siti della necropoli, e nell’intera Sardegna non esiste nessun’altra scultura simile.

Allargando i confini dell’analisi comparativa, si trovano sculture simili nelle culture di altre regioni del mondo. In alcune antiche sculture degli antichi popoli della Mesopotamia si trovano scolpiti volti molto simili a quelle di Mont’e Prama. La particolarità di questi volti è l’aspetto perfettamente rotondo degli occhi. Paragonando i volti delle divinità assiro-babilonesi (fig. 2 e 3) a quelle dei “giganti “sardi (fig. 4), troviamo degli occhi non simili ma identici, e il mento perfettamente lineare, tagliato nella pietra, e non a convessità verso il basso come è in natura.

Le sculture babilonesi, quale quella del dio Abu ( fig. 3- Baghdad, Iraq Museum), vengono datate tra il 2700 e il 2500 a.C. Queste date sono antecedenti a quella ottenuta, con il metodo del C-14, per il sito dei “giganti”, la cui datazione oscilla tra il IX e il XII secolo a.C. L’antica popolazione della Sardegna era dedita al commercio e alla navigazione. Non si può quindi, escludere che ci sia stato un contatto culturale con i popoli della Mesopotamia essendo, anche essi, esperti nella navigazione. Un ulteriore collegamento culturale tra queste due antiche popolazioni si può anche sospettare con l’osservazione di un antico altare, costruito probabilmente alla fine del neolitico, nel nord dell’isola, con una struttura architettonica identica alle ziggurat sumere.

L’altare di Monte d’Accoddi viene fatto risalire al neolitico. Ha una struttura tronco-piramidale con scala e rampa d’accesso simile alle ziggurat della antica Mesopotamia (fig.6). ma anche qui, come in altri ste archeologici, gli scavi eseguiti in varie fasi, le intemperie e l’impreciso posizionamento, potrebbero aver modificato l’aspetto iniziale del complesso architettonico) come si sospetta sia accaduto a Stonehenge nel riposizionare i menhir caduti). Davanti all’altare si trova un menhir e due rocce perfettamente sferiche e lisce che potrebbero rappresentare la terra e la luna (vista anche la apparente correttezza della scala di riproduzione).

Dall’osservazione dei reperti pittorici e decorativi dei babilonesi e degli antichi popoli sardi appare subito evidente che, nei volti delle persone comuni, gli occhi venivano dipinti e scolpiti in modo del tutto naturale con sclera, pupilla ciglia e sopracciglia come dal vivo, e di forma naturalmente ovale; i rapporti tra ampiezza della bocca e del naso, erano conservate e ben riprodotte, e la forma del mento aveva una curvatura naturale. Non appare chiaro il motivo che ha spinto gli antichi scultori a modellare gli occhi degli “dei” come dei dischi perfetti e concentrici, con un mento non arcuato ma rettilineo, e una bocca di dimensioni ridotte rispetto alla grandezza del naso (fig.3,4). Il perché di queste differenze, al momento, non è chiaro come pure restano dei dubbi sulla datazione delle sculture dei giganti.

Un aspetto così innaturale dei volti potrebbe essere un’ulteriore prova indiziaria a favore della teoria degli “antichi astronauti” prospettata da autori quali Peter Kolosimo, Robert Temple ed altri. Tale teoria si basa, al momento, solo su ipotesi, prove indiziarie, manca ancora una prova scientificamente accertata per poterla accettare come una realtà storica e non come una ipotesi fideistica. Tutto ciò aumenta l’interesse verso l’archeologia di un’isola che nei secoli scorsi è stata al centro di scambi, sia commerciali ma soprattutto culturali, con gli altri popoli del Mediterraneo.
